L’amore che tace

Se ti odiassi, il mio odio ti darei

con le parole, rotondo e sicuro;

ma ti amo e il mio amore non si affida

a questa lingua umana, così oscura!

Tu lo vorresti mutato in un grido,

e vien così dal fondo che ha disfatto

la sua ardente fiumana, sfinito

prima ancora della gola e del petto.

Io sono come uno stagno ricolmo

ed a te sembro una sorgente inerte,

per questo mio silenzio tormentoso

più atroce che entrare nella morte!

 Gabriela Mistral

Gabriela Mistral (pseudonimo di Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga; Vicuña, 7 aprile 1889 – New York, 10 gennaio 1957) è stata una poetessa, educatrice e femminista cilena. Fu la prima donna latinoamericana a vincere il Premio Nobel per la letteratura, nel 1945. 

Dammi la mano

  
Dammi la mano e danzeremo

Dammi la mano e mi amerai

come un solo fior saremo

come un solo fiore e niente più.

Lo stesso verso canteremo

allo stesso passo danzerai

Come una spiga onduleremo

come una spiga e niente più.

Ti chiami rosa e io speranza

ma il tuo nome dimenticherai

perchè saremo una danza

sulla collina e niente più.

Gabriela Mistral 

7 aprile 1889, Vicuña, Cile – 10 gennaio 1957 New York

Massacrati brutalmente 250 Delfini per un antica Tradizione 

Marianna Baldo attivista dell’organizzazione No Profit Sea Shepherd,
che si batte per la conservazione marina è  stata arrestata il 20 luglio alle Isole Faroe (Danimarca) insieme con altri 6 volontari. Marianna Baldo, fotografa professionale laureata in Scienze naturali, era sul posto per testimoniare la tradizionale “mattanza del grind”, nella quale una volta all’anno vengono uccisi centinaia di globicefali, una sorta di delfini, fino a colorare di rosso il mare di intera baia, con il sangue degli animali.

   
 Marianna  è stata rilasciata il giorno dopo, ma i suoi documenti sono stati trattenuti dalle autorità e gli verranno restituiti dopo la sentenza del tribunale locale che al momento è chiuso per ferie.

   

 

Ma la situazione è ben più grave, stime ufficiose parlano di 1500-3000 delfini,balena uccisi ogni anno a scopo alimentare. La mattanza di questi cetacei è una tradizione molto antica che risale a 1200 anni fa ma che hai giorni nostri non ha ragione di sussistere.

La musica non salva dall’abisso 

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Sento una paura invincibile
in presenza dell’altezza misteriosa;
io sono soddisfatto della rondine nei cieli
e amo il volo delle campane!
E, sembra, antico pedone,
che sopra l’abisso, sui ponti che si curvano,
ascolto come cresce una palla di neve
e l’eternità batte sulle ore di pietra.
Se così fosse! Ma io non sono
quel viandante che passa rapido sulle foglie sbiadite
e veramente in me canta la tristezza.
In realtà, la valanga è sulle montagne!
E tutta la mia anima è nelle campane
ma la musica non salva dall’abisso!

Osip Mandel’štam

Osip Emilyevich Mandelstam, (Varsavia 15 January 1891 – Russia 27 December 1938)  Nel 1938 fu arrestato; condannato ai lavori forzati, fu trasferito nell’estremità orientale della Siberia. Morì a fine dicembre nel gulag di Vtoraja rečka, un campo di transito presso Vladivostok, ufficialmente a causa di una non meglio specificata malattia. Il suo ricordo fu per lungo tempo conservato clandestinamente dalla moglie, che aveva imparato a memoria numerosi testi poetici del marito.

« Mia cara bambina, non c’è praticamente nessuna speranza che questa lettera ti arrivi. Prego Dio che tu capisca quello che sto per dirti: piccola, io non posso né voglio vivere senza di te, tu sei tutta la mia gioia, sei la mia tutta mia, per me è chiaro come la luce del giorno. Mi sei diventata così vicina che parlo tutto il tempo con te, ti chiamo, mi lamento con te. »

(da una lettera di Osip Ė. Mandel’štam a Nadežda Jakovlevna

Il pensiero discorsivo è distrazione

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da Dipinti di arcobaleno di Tulku Urgyen Rinpoche:

“Se perdiamo la presenza cominciamo a vagare nella ‘nera dissipazione’ delle ordinarie e abituali forme mentali. […] Dobbiamo accorgerci quando siamo distratti: il pensiero discorsivo è distrazione, ma, quando ne riconosciamo l’essenza, arriviamo alla condizione senza pensieri. […]

Nel momento in cui ci accorgiamo di distrarci, pensiamo: «Sto cominciando a divagare»; riconoscendo l’identità di chi si è distratto, automaticamente ritorniamo al punto di vista. Ricordare è come il momento in cui si preme l’interruttore, quando la luce è accesa non c’è bisogno di continuare a premere. Dopo un po’ di nuovo dimentichiamo e ci allontaniamo: a questo punto dobbiamo ricorrere di nuovo alla presenza deliberata.

[…] Anzitutto si applichi il metodo: quando si entra nello stato naturale [cioè lo stato di non distrazione] lo si lasci semplicemente continuare. Naturalmente, dopo un po’, l’attenzione comincia di nuovo a scomporsi e possiamo non accorgerci della distrazione, poiché è spesso molto sottile e arriva di soppiatto, come un ladro. Ma quando ce ne accorgiamo, dobbiamo far funzionare la presenza e rimanere in una condizione naturale. Questo stato naturale è la presenza senza sforzo.

È importante, a questo punto, un senso di naturale continuità e fluidità. Se si suona una campana, il suono si propaga per un po’ di tempo e il riconoscimento durerà un certo tempo. […] Quando riconoscete l’essenza della mente, lasciate che semplicemente sia, lasciatela com’è e il riconoscimento durerà per un po’. Questo si chiama ‘sostenere la continuità’. Non elaborare significa non abbandonare la continuità.

Il più grande ostacolo alla pratica è la distrazione. Proprio nel momento in cui si riconosce l’essenza della mente si vede che non c’è nulla da vedere. […] Quando la si riconosce, la si lasci semplicemente com’è, senza interferire o modificare: questo si chiama non elaborare. Quando perdiamo la continuità, siamo distratti, trascinati via dai pensieri. […] Perdere la continuità significa essere distratti, che a sua volta in pratica significa dimenticare. […] Proprio nel momento in cui dite: «Ho perduto il punto di vista [un altro modo per indicare la presenza], mi sono distratto», di nuovo riconoscete, e immediatamente contemplate la vacuità. A questo punto lasciate così com’è, senza ansia o paura, che sarebbero solo altri pensieri. Da dove è venuto il pensiero? Non è altro che espressione della consapevolezza. La consapevolezza è vacuità, la sua espressione è il pensiero.

[…] L’essenza è di per sé completamente libera dal pensiero concettuale, eppure, nello stesso tempo, la sua espressione è il pensiero concettuale. Non fissate la vostra attenzione sull’espressione: riconoscete, piuttosto, l’essenza. In questo modo l’espressione non ha il potere di sussistere, ma semplicemente crolla o si riassorbe nell’essenza.

[…] È molto importante […] che ricordarsi di riconoscere e il riconoscere siano simultanei, senza che tra i due momenti trascorra il benché minimo lasso di tempo. […] Proprio nell’istante in cui guardiamo vediamo che non c’è nulla da vedere, lo vediamo nell’istante stesso in cui guardiamo. Nel momento in cui vediamo, c’è libertà dai pensieri”

Abbiamo iniziato con la consapevolezza del respiro.

Successivamente un nuovo esercizio. Da seduti nella solita posizione: lasciamo che la mente segua il suo corso. Accorgiamoci semplicemente dei momenti di movimento (pensiero) e di stabilità (non pensiero). Non deve intervenire un giudizio del tipo: “Ora penso”, “Ora non penso”. Anche “Ora non penso” è un pensiero. Deve essere invece un puro accorgersi, un naturale prendere atto.

“Il pensiero discorsivo è distrazione” (Tulku Urgyen Rinpoche)

Tulku Rinpoche Urgyen è nato a Nangchen , in provincia di Kham , Tibet orientale, nel 1920. Ha iniziato la pratica della meditazione alla tenera età di quattro anni, quando ha frequentato gli insegnamenti del padre, Chime Dorje,

Anima

Antica piaga che mi rode l’ossa
al desiderio non concede posa.
Io per cammini scabrosi m’aggiro,
perché  alla quiete l’anima pervenga.

Rubo qualche piacere, e me lo annulla
la fantasia, appena lo possiedo.
Non riesce a prosperare il mio vivaio
che ho seminato in aspra terra ombrosa.

Il bene che offre il senno al sentimento
sa convincere amore con premura
a chiudermi le palpebre al tormento.

Conosco infatti che un lieve pensiero
originare può minor pazienza,
ed a volte rischiosa è l’allegrezza.

Sonetto ( LXV ) – Juan Boscán (Barcellona, 1492 – Perpignano, 1542)