The Closest Thing to Crazy – Katie Melua

La Cosa Più Vicina Alla Follia

Come posso pensare di essere forte

e sentire l’aria sotto i miei piedi?

Come può la felicità apparire cosi sbagliata?

Come può l’ infelicità essere cosi dolce?

Come puoi lasciare che io ti guardi mentre dormi?

il modo in cui lo fai spezza i miei sogni

Come posso essere andata cosi a fondo?

Perchè mi sono innamorata di te?

Questa è la cosa più vicina alla pazzia,

dove io sia mai stata

avere ventidue anni e agire come se ne avessi diciassette

Questa è la cosa più simile alla follia

che io abbia mai conosciuto

Non sono mai stata cosi pazza

e ora so che

c’è un legame tra me e te

essere vicina alla pazzia e essere vicina a te

Come puoi lasciarmi cadere?

e non Interrompere la mia caduta con bugie d’amore?

E’ cosi facile spezzare un cuore

è cosi facile chiudere gli occhi.

Come puoi trattarmi come una bambina?

Come un bambino io ti desidero

come ci si può sentire così selvaggi?

come ci si può sentire cosi depressi?

Questa è la cosa più vicina alla pazzia,

dove io sia mai stata

avere ventidue anni e agire come se ne avessi diciassette.

Due – Irène Némirovsky

“Un marito e una moglie non vedono i lineamenti l’uno dell’altro, non compiono quel lavoro mentale che consiste nel paragonare di continuo l’immagine rimasta nella memoria e quella che hanno davanti agli occhi in quel preciso momento. Guardano il sorriso e non il disegno della bocca, l’espressione e non la forma degli occhi, e questo per dieci, quindici anni… Poi, a un tratto, una sera, una sera come le altre, lui legge, lei cuce, e uno dei due alza gli occhi; l’altro, sentendo quello sguardo su di sè, forse domanderà: “Che c’è? Che hai?”. Il primo risponderà: “Niente”, oppure “Ti amo”, o qualcosa di altrettanto automatico, ma in realtà, per un attimo, l’uomo o la donna hanno realmente visto, e a volte hanno dovuto fare un impercettibile sforzo per riconoscerlo, il volto di chi condivide la loro vita.”

Irène Némirovsky “Due”

Mama Afrika (1966) – Khawuleza

Khawuleza

‎Khawuleza mama

Sbrigati mamma

Khawuleza mama

Sbrigati mamma

Fihlan’ amagogogo

Riempi i bidoni

Nang’ amapolis’ azongen’endlwini mama, khawuleza

Ecco i poliziotti, ci entreranno in casa, sbrigati

Nang’ amapolis’ azongen’endlwini mama, khawuleza

Ecco i poliziotti, ci entreranno in casa, sbrigati

Jonga jonga jonga yo khawuleza mama, iyeyiye mama, khawuleza

guarda guarda guarda sbrigati mamma, su mamma, sbrigati

Jonga jonga jonga yo khawuleza mama, iyeyiye mama, khawuleza

guarda guarda guarda sbrigati mamma, su mamma, sbrigati.

(Traduzione dallo Xhosa in Italiano a cura di un anonimo Toscano del XXI Secolo)

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Come la stessa Makeba spiega nell’introduzione alla canzone, “Khawuleza” parla dei raid che la ‎polizia del regime segregazionista era solita fare nelle “townships” per arrestare i militanti ‎dell’ANC oppure – come ricorda nella sua autobiografia “Makeba: My Story” del 1987 – per ‎reprimere certe attività considerate illegali, come la fabbricazione clandestina di birra ed alcolici, ‎che i neri svolgevano per campare. Un artista nero doveva avere un gran coraggio per cantare ‎canzoni come questa e la Makeba ne aveva da vendere: quando nel 1961 ‎dedicò una canzone a Patrice Lumumba, il leader dell’indipendenza congolese assassinato nel ‎gennaio di quell’anno, le forze speciali del governo rhodesiano la informarono che l’avrebbero ‎ammazzata se non se fosse andata dal paese… (30 anni d’esilio)

(fonte: African Music Safari)

*Dal sito antiwarsongs.org

Miriam Makeba, nota anche con lo pseudonimo di Mama Afrika, è nata il 4 marzo 1932, a Johannesburg, Sudafrica é stata una cantante sudafricana di jazz e world music.

Miriam Makeba morì la notte del 9 novembre 2008 per un attacco cardiaco a Castel Volturno dove, qualche ora prima, nonostante forti dolori al petto, si era esibita in un concerto contro la camorra, che pochi mesi prima aveva lì ucciso sei immigrati africani, e dedicato anche allo scrittore Roberto Saviano

Da Wikipedia