Libertà, Uguaglianza, Fratellanza è il motto nazionale della Repubblica Francese.
Nella Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, parte integrante e iniziale della Costituzione Francese dell’anno III (1795), la Fraternité, terzo elemento del motto repubblicano, è definita così: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi;
Successivamente, nel libro La Costituzione, o Progetto di Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 vengono ripresi e perfezionati gli ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza che verranno progressivamente adottati a motto e simbolo.
Poi, le Costituzioni del 1946 e 1958 riconoscono autorevolmente il valore che il triplice motto ha per la storia del Paese d’oltralpe.
Liberté, Égalité, Fraternité rappresentano un valore così grande da travalicare i confini della Francia, sono simboli che hanno portata e rilevanza universali. Questo motto, nato dalla fucina d’idee della rivoluzione francese, è un caposaldo irrinunciabile della moderna cultura dell’Occidente.
«Noi non torniamo indietro» e «via la polizia»: urlano i profughi migranti che si trovano ancora sulla scogliera a Ventimiglia, irritati dalla presenza della polizia e dei carabinieri.
Vogliono solo passare in Francia per andare nel Nord Europa dove hanno amici e parenti ma vengono respinti dalla gendarmi Francesi. Sono alcune centinaia,molti sono Eritrei scappano dalle dittature,dalla fame, dalle carestie e dalle guerre.
Eritrea:Lo stato prigione
Almeno diecimila prigionieri politici. Leva obbligatoria fino a 50 anni per gli uomini e 40 per le donne. Obbligo di versare una percentuale dei guadagni per chi fugge all’estero. Pena: ritorsioni contro le famiglie. E’ l’Eritrea di Isaias Afewerki.
Dal Manifesto.it :
Marco Omizzolo, Roberto Lessio
EDIZIONE DEL
27.11.2014
In Eritrea da anni domina uno dei regimi più violenti al mondo. Il dittatore Isaias Afewerki, al potere dal 1993, non ha scrupoli con la popolazione locale e con quanti cercano di scappare dal paese. Chi sta con lui vive, chi lo contesta muore o è costretto a fuggire. Ricordare la violenza di questa dittatura è utile in vista della conferenza ministeriale organizzata dal viceministro per gli Affari Esteri Lapo Pistelli per oggi e domani a Roma con lo scopo di lanciare il Processo di Khartoum: un dialogo rafforzato tra i paesi africani e l’Ue per impegnarsi sulla gestione delle migrazioni. Alla conferenza prenderanno parte i rappresentanti dei paesi di origine e transito della Horn of Africa Migratory Route, la principale rotta migratoria verso l’Europa, tra i quali uno del governo eritreo. In concomitanza, il Comitato Giustizia per i nuovi desaparecidos ha convocato per domani una conferenza stampa alla Camera dei deputati per denunciare le morti di migranti nell’area mediterranea, ricostruire la verità, sanzionare i responsabili e rendere giustizia a vittime e familiari. A partire da quelle del regime eritreo. I portavoce del Comitato, tra cui Enrico Calamai, chiedono che il Processo di Khartoum non impedisca all’Italia di condannare Afewerki e di sostenere il popolo eritreo, vittima di una dittatura che ha cancellato ogni libertà, tutti i diritti civili e politici, qualsiasi tentativo di opposizione.
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